EM gestione erbe spontanee

Il termine erbe infestanti, così come erbacce, dovrebbe essere cancellato dal vocabolario di qualsiasi lingua in quanto appartenente ad una cultura antiquata e ormai superata.

L’ostilità verso le erbe spontanee nasce da un cambio di rotta in agricoltura  avvenuto 60 anni fa dal momento in cui lo studio si è concentrato solo sul coltivato produttivo e non sulla complessità dell’agroecosistema. Con il passare degli anni, il crescente sviluppo dell’industria chimica agricola, per ovvi motivi di profitto, ha spinto ad incentivare l’uso di prodotti chimici per il loro contenimento. In pochi anni, siamo passati da una convivenza tra il coltivato ed il selvatico ad un radicale rifiuto e opposizione delle forme erbe spontanee tenendo in considerazione solo il loro effetto competitivo che ci impedisce di avere una visione completa del ruolo chiave che invece hanno e di come possiamo utilizzarle a nostro vantaggio.

Le erbe spontanee, oltre ad essere responsabili di un aumento della S.O. nel suolo e dell’immagazzinamento di elementi nutritivi, svolgono un forte effetto di protezione verso le colture da reddito creando un ambiente idoneo (biodiversità) sia per il sostentamento dei predatori che per lo sviluppo di loro competitors. Producono biomassa in loco, assorbono CO2 e sono utili nel mantenere un patrimonio genetico in una futura ripresa della successione ecologica (4 miliardi di semi ad ettaro).

Tutte le piante hanno un ruolo importante per il terreno in quanto servono a rigenerarne la fertilità.

È ormai risaputo che qualsiasi pianta, durante la stagione vegetativa, rilascia nel terreno oltre il 25% degli zuccheri che produce con la fotosintesi a vantaggio dei microrganismi che vivono intorno alle sue radici con i quali vive in una simbiosi in cui uno nutre l’altro.

La pianta stessa poi, alla fine del suo ciclo vitale, rappresenta una fonte di sostanza organica vitale per l’arricchimento della fertilità del terreno. Pertanto, tutte le piante non depauperano il terreno ma lo arricchiscono perché è loro interesse migliorare l’habitat in cui vivono.

Non meno importante è l’effetto che queste piante svolgono contro l’erosione e la lisciviazione, nell’incorporazione di acqua piovana e nel mantenimento dell’umidità nel terreno e nella protezione dalle alte temperature.

Pertanto, d’ora in poi le chiameremo “piante spontanee”.

 

 

Interventi preventivi per la gestione delle piante spontanee:

Lo scopo è quello di limitare il numero di piante spontanee o di spostare l’equilibrio dell’agroecosistema in favore sia della coltura che di quella flora spontanea con minori caratteristiche di competitività.

 

Rotazioni

Da sempre, tra i metodi preventivi, le rotazioni colturali hanno una grande importanza.

Le mono successioni o le rotazioni troppo strette creano, nel corso del tempo, le condizioni per proliferazioni incontrollate della flora spontanea.

Al contrario, rotazioni corrette e sufficientemente “larghe”, pur non essendo risolutive, permettono un miglior controllo delle erbe spontanee che non hanno la possibilità di adattarsi e selezionarsi perché i loro cicli sono disturbati da lavorazioni colturali, epoche di raccolta e competitività della coltura principale, diverse anno per anno.

È dimostrato che l’applicazione ripetuta degli EM, meglio ancora se abbinata alle tecniche di agricoltura naturale autofertilizzante, consente di superare la pratica delle rotazioni in quanto il terreno rigenerativo/fermentativo generato dagli EM è così equilibrato che è in grado di sostenere la monocoltura.

 

Falsa semina

Un altro metodo preventivo per il controllo delle erbe spontanee è la falsa semina.

La pratica consiste nella normale preparazione del letto di semina e alla sua irrigazione in assenza di precipitazioni, come se fosse già stato seminato, a cui però non fa seguito la distribuzione del seme.

Si favorisce così la germinazione dei semi delle “infestanti” prima che la coltura sia in campo. Quando la flora spontanea ha raggiunto lo stadio di cotiledoni o di prime foglie vere si interviene con una lavorazione superficiale per eliminarle.

Durante questa operazione è necessario non rimescolare gli strati di terreno per evitare di riportare in superficie nuovi semi.

Per questo motivo la seconda lavorazione può essere sostituita da un intervento di pirodiserbo.

Per limitare l’apporto ulteriore di semi nel campo e la conseguente proliferazione di specie non desiderate è importante evitare l’uso di sementi inquinate e l’utilizzo, per la fertilizzazione, solo di letame e liquame maturi, perché un periodo di maturazione sufficientemente lungo consente di abbattere il potere germinativo dei semi presenti in questi fertilizzanti. Meglio ancora, se si utilizzano composti organici fermentati con gli EM.

Abbinata alla falsa semina l’applicazione degli EM risulta particolarmente efficace perché aumentano la germinabilità di tutti i semi e la velocizzano notevolmente accorciando i tempi di semina della coltura programmata (da 15/20gg a 7/10gg, in base alle condizioni climatiche).

Con l’aggiunta degli EM, la falsa semina diventa uno strumento veramente efficace per il controllo delle erbe spontanee nel periodo iniziale della coltivazione.

 

Colture di copertura (cover crops)

Nella gestione delle infestanti ha mostrato una buona efficacia anche il metodo delle colture di copertura che consiste nell’impianto di una coltura, non necessariamente destinata al raccolto, nei mesi in cui solitamente il terreno rimane spoglio.

Si impedisce così la proliferazione e la disseminazione di infestanti nel periodo in cui non vi sono altre colture in atto, inoltre si può favorevolmente utilizzare la capacità che hanno alcune piante, come ad esempio la segale, di ridurre la germinabilità dei semi presenti nel terreno attraverso la produzione di sostanze allelopatiche (competizione chimica).

Le colture di copertura hanno un effetto favorevole oltre che nel controllo delle piante spontanee, anche nel riciclaggio dei nutrienti, nella riduzione dell’erosione dei suoli, nell’accumulo di risorse idriche, nell’incrementare il livello della sostanza organica e, nel caso si tratti di leguminose, nell’aumento della quantità di azoto nel terreno.

Una volta sfalciate, le colture di copertura possono essere interrate oppure utilizzate come pacciamatura verde. In questo caso si riduce l’emergenza delle infestanti, diminuisce l’evaporazione del suolo che rimane più fresco durante i mesi estivi generando così un minor fabbisogno idrico e favorendo un lento rilascio dei nutrienti.

L’abbinamento degli EM a questa pratica colturale consente, oltre ad una maggiore copertura, una maggiore produzione di sostanza vegetale che fornirà il carburante naturale per tutte le attività microbiche (in primis la moltiplicazione degli EM stessi).

 

Pacciamatura

Effetti simili possono essere ottenuti facendo ricorso ad altri materiali pacciamanti, come materiali plastici (polietilene nero a bassa densità in particolare), materiali plastici biodegradabili a base di amido di mais (mater-bi), prodotti a base di cellulosa o di cellulosa e torba e pacciamature vegetali (paglia o cippato).

Il polietilene è il materiale più usato, per la facilità di posa, la resistenza meccanica, la capacità di trattenere il calore, il discreto effetto precocizzante e, naturalmente, il buon controllo delle spontanee. Gli svantaggi di questo materiale sono le difficoltà di smaltimento a fine campagna e il divieto o la limitazione di utilizzo imposto da alcuni disciplinari.

Le plastiche biodegradabili e i materiali a base di cellulosa risolvono il problema dello smaltimento, ma non sempre la loro durata è sufficiente ad assicurare nel tempo un effetto sufficiente nel controllo delle piante spontanee. Inoltre, soprattutto la carta, sono soggetti a frequenti rotture.

L’utilizzo di materiali vegetali presenta il vantaggio di migliorare le caratteristiche fisico-chimiche del suolo e, secondo alcuni autori, di contenere il numero di fitofagi.

Per la pratica della pacciamatura risulta particolarmente efficace l’utilizzo di materiali di scarti aziendali (potature, sfalci, cippato, sansa di olive, vinaccioli, residui di lavorazioni industriali) fatti fermentare con gli EM in ambiente anaerobico (sotto un telo di plastica) per 6/8 settimane.

In questo modo la pacciamatura svolge alche il compito di ammendante, non solo di nutrienti immediatamente disponibili ma anche di Microrganismi Effettivi.

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